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Storie del Cellina tra Ravedis e Partidor

6 - Pellegrin


Dove Antonio Dell'Angelo detto Pellegrin cominciò il suo lavoro: accompagnare l'acqua del Cellina fino a San Leonardo.

 

 

 

ROGGIA DI AVIANO (residui)

Ad un passo dalla stele verso la ripa si individua una delle tracce della roggia di Aviano, con quel che resta – in questo luogo – dell’arginatura in ciottoli della sponda sinistra. La roggia ha origini antiche: è il 7 giugno 1445 quando il nobile Nicolò di Maniago, esperto di idraulica, ottiene dalla Serenissima “…licenza e facoltà di condurre acqua dell’acqua della Cellina per li territori e luoghi della Gastaldia di Aviano, facendo dei rojali in essi territori…” e, per sé e suoi eredi, i diritti esclusivi dello sfruttamento di quelle acque. In soli cinque anni, su progetto dello stesso Nicolò, fu scavato un canale lungo 22 km – dal Cellina al torrente Artugna a Castello di Aviano – passando per le campagne di San Leonardo, San Martino, Marsure, Aviano e Villotta. L'opera servì da vera e propria forza propulsiva per lo sviluppo economico del territorio: lungo il suo corso, infatti, sorsero ben 17 opifici tra mulini, battiferri, segherie e folli da panni (censiti nel 1783 nella mappa del perito pubblico Francesco Pasiani), alcuni dei quali rimasero produttivi fino a Novecento inoltrato. Essa alimentò anche una capillare rete roggiale per l'irrigazione dei campi e migliorò la qualità di vita della popolazione, ora più comodamente provvista di acqua pulita per i bisogni quotidiani.
I diritti si sfruttamento della roggia (in una progressiva riduzione del percorso sui cui ricadevano) furono goduti dai di Maniago e poi dal ramo Valvason-Corbello fno al 1782, quando, tornati alla Serenissima, vennero da questa ceduti ai patrizi veneziani Correr.
La roggia di Aviano resisterà al progresso fino ai primi anni ‘70 del Novecento quando il Consorzio di Bonifica Cellina Meduna, in un quadro di miglioramenti, ne decreterà l’asciutta definitiva.

Bibliografia:
L. Zin, Il Cellina, 2, Pordenone, Consorzio di Bonifica "Cellina-Meduna", 1997.

 

PRESA ROGGIA DEL PELLEGRIN

La lapide dirimpetto alla stele indica il punto d'inizio del canaletto scavato tra il 1835 e il 1837 da Antonio Dell’Angelo, detto Pellegrin. Egli, captando in questo luogo dalla roggia di Aviano, riuscì a condurre acqua corrente e pulita al suo paese d'origine, il vicino San Leonardo Valcellina, già di Campagna. Prima, la piccola comunità attingeva da un putrido e stagnante laghetto artificiale posto in piazza e alimentato dallo sgrondo delle acque piovane. In alternativa, si riforniva d'acqua con carri e botti, percorrendo rilevanti distanze fino, appunto, alla roggia di Aviano o al letto del Cellina. L’eccezionalità dell’opera stette nella sua esecuzione in solitaria (il Pellegrin, deriso dai compaesani convinti che non vi fosse modo di superare il dislivello della riva, non ricevette alcun aiuto), nella lunghezza dello scavo (4 km) e nei benefici goduti dalla comunità per ben 68 anni, dal 1837 al 1905. In quest'anno, infatti, il roiello venne superato dal più capace canale di scarico della centrale idroelettrica di Malnisio, che attraversava proprio il paese.
Bibliografia:
M.G.B. Altan, San Leonardo Valcellina. Storia, cultura e vita sociale di una comunità, Udine, Arti Grafiche Friulane, 1993.
E. Bertossi, Una storia, Bazzano Valsamoggia, Artebambini, 2017.
La porta della Valcellina. Montereale Valcellina, Grizzo, Malnisio, San Leonardo Valcellina, appunti di viaggio, a cura di Patrizio De Mattio, Montereale Valcellina, Comune di Montereale Valcellina, 2003.
L. Zin, Il Cellina, 2, Pordenone, Consorzio di Bonifica "Cellina-Meduna", 1997.

 

REPELLENTE SPONDALE

Opera che aveva il primario scopo di allontanare il vivo della corrente dalla sponda da dove diparte e, come gli altri lungo il percorso, di difendere opere e manufatti a valle. Il mutato flusso del Cellina, con la costruzione della diga di Ravedis, ha reso inservibili questo e gli altri repellenti, risalenti alla prima metà del Novecento.
In specifici punti dell’opera (di solito uno riparato) era inserita l’usuale formella littoria con i fasci. L’accanimento iconoclasta del dopoguerra li ha praticamente distrutti tutti lasciando al loro posto la traccia dell'alloggio.

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