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Storie del Cellina tra Ravedis e Partidor

2 - Montereale


Montereale da solo vale un'altra storia. Qui un guado, le rogge e i primi mulini; su uno di essi Menocchio ha macinato grani, anche idee per una nuova cosmogonia.

 



CHIESETTA DI SAN ROCCO (oratorio)

Guardando a nord-ovest, sulla sommità spondale destra del Cellina, si può intravedere la parte absidale della chiesetta fare capolino tra la vegetazione, dalla quale emergono anche le caratteristiche figure dei cipressi dell'attigua area cimiteriale. La chiesetta di San Rocco, già pieve di Calaresio (l’antico nome dell’area in cui venne eretta), era originariamente intitolata a Santa Maria Assunta. Edificata probabilmente attorno al V secolo d. C. nei pressi di un presunto sacello pagano di epoca romana, divenne subito fondamentale punto di evangelizzazione del territorio montano col ruolo di pieve. È citata per la prima volta nei documenti nella bolla concessa il 12 marzo 1186 o 1187 da papa Urbano III al vescovo di Concordia Gionata, dove figura appunto come “plebem de Calaresio”. L’aspetto odierno dell'edificio si deve prevalentemente ai lavori eseguiti agli inizi del XVI secolo e a quelli di ampliamento del XVIII secolo, in occasione dei quali venne aggiunto il corpo laterale della sacrestia.
Mirabile il percorso iconografico del coro affrescato tra il 1560 e il 1563 da Giovanni Maria Zaffoni, detto il Calderari, con scene tratte dalle Storie della vita di Maria e della Vita di Cristo nella pareti della cuba absidale, figure degli Evangelisti, Dottori della Chiesa, Profeti e Sibille nella volta e di Profeti e Santi nel sottarco, di assoluto fascino per l’equilibrio cromatico dei toni caldi e per la forte vena ritrattistica dei personaggi rappresentati.
Si segnala il sito archeologico dirimpetto all'area cimiteriale, comprendente i resti della cosiddetta “casa dell'acquedotto” risalente al II secolo a.C. ed edificata su strutture più antiche.
Bibliografia:
P. Goi, La chiesa del Menocchio, in L'inquisizione romana: metodologia delle fonti e storia istituzionale, atti del seminario internazionale (Montereale Valcellina, 23-24 settembre 1999), a cura di Andrea Del Col e Giovanna Paolin, Trieste & Montereale Valcellina, Edizioni Università di Trieste & Cicrcolo culturale Menocchio, 2000, (Inquisizione e società. Quaderni, I).

La porta della Valcellina. Montereale Valcellina, Grizzo, Malnisio, San Leonardo Valcellina, appunti di viaggio, a cura di Patrizio De Mattio, Montereale Valcellina, Comune di Montereale Valcellina, 2003.

 

CHIESETTA DI SAN VIGILIO (oratorio)

La piccola chiesetta, oggi cimiteriale, si trova in sponda sinistra del Cellina, subito fuori l’abitato di Maniagolibero, in un terrazzo affacciato sul greto del torrente, individuabile dalle silhouette dei cipressi del campo santo. La sua posizione è probabilmente da mettere in relazione con antichi percorsi viari provenienti dalla pianura e diretti in Valcellina, mediante i passi di Sant'Antonio e Croce, e alla pedemontana avianese, attraverso il sottostante guado per Montereale. L'aspetto odierno si deve ai riatti del XVII secolo effettuati su un precedente edificio assegnato con qualche dubbio all'XI-XII secolo. Si tratta di un piccolo oratorio ad aula rettangolare, con presbiterio rialzato, campanile a torretta e portico esterno tipico delle chiesette campestri friulane. Con l'editto napoleonico di Saint-Cloud, esteso all’Italia nel 1806, che prevedeva lo spostamento delle sepolture nelle periferie dei centri abitati, il piccolo oratorio fu affiancato dalla nuova area cimiteriale e in essa inglobato mediante una recinzione.
Bibliografia:
Maniagolibero. Un paese la sua gente, Comitato per il bicentenario della consacrazione della Chiesa di Maniagolibero 1789-1989, Maniago, Parrocchia di Maniagolibero, 1989.

 

ROVINE CASTELLO “CASTRUM MONTIS REGALIS”

Guardando la cima del colle che sovrasta verso nord-ovest l'area cimiteriale di Montereale, si possono appena individuare tra la folta vegetazione le rovine della torre maggiore del castello. Questa, assieme ai resti della cinta muraria, all'ingresso guardato da un'attigua torre e ad alcuni piccoli edifici addossati alle mura, costituivano le strutture principali del maniero. Il fortilizio occupava una posizione strategica, sovrastando e controllando i sottostanti percorsi viari provenienti dalla pianura e dalla Valcellina. Castello d'abitanza almeno dal 1203, poteva ospitare i rappresentanti del vescovo di Concordia e del patriarca di Aquileia, nonché membri delle famiglie nobili di Prata e di Montereale. Il maniero venne più volte coinvolto in atti di guerra, il più eclatante dei quali fu il saccheggio subito nel 1346 da Bianchino di Porcia. Il suo abbandono e la conseguente rovina molto probabilmente si devono ai devastanti terremoti del 1511 e del 1575, che danneggiarono irreparabilmente anche il vicino castello di Maniago. Soggetto a più campagne di scavo, nell’area è stato rinvenuto il più antico esemplare friulano di scacciapensieri, databile al XVI-inizi del XVII secolo, nonché altri resti relativi alla vita quotidiana in castello nel basso Medioevo, ora esposti al Museo Archeologico Monterale Valcellina allestito a Palazzo Toffoli.
Bibliografia:
D. Andrews, E. Delvecchio, R. Flook, M. Grattoni d'Arcano, G. Hughes, F. Piuzzi, M. Ragogna, A. Westman, Ricerche archeologiche nel castello di Montereale Valcellina (Pordenone). Campagne di scavo 1983, 1984, 1985, 1986, «Archeologia Medievale», XIV, 1987
Calaresio, Grizzo, “Chei del talpa”, 1977, dattiloscritto in Biblioteca civica di Montereale Valcellina.

Museo Archeologico Montereale Valcellina. Guida al museo, a cura di Serena Vitri e Susi Corazza, Montereale Valcellina, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia & Comune di Montereale, 2011.
Sitografia:
https://consorziocastelli.it/icastelli/pordenone/montereale

 

FABBRICATO EX COLONIA ELIOTERAPICA

Il piccolo edificio qui vicino alla stele, pur oggetto di piccoli interventi interni di adattamento, mostra le linee tipiche delle costruzioni del Ventennio, epoca in cui fu edificato a scopo di colonia elioterapica a beneficio della gioventù del paese. Memorie locali ricordano che fu attiva dal 1934 al 1940 e raccontano della frequentazione diurna, della ben nota attività ginnica e del pasto sicuro cucinato dalle suore. Nel dopoguerra, l’edificio è stato prima utilizzato come magazzino comunale e poi asservito all’annesso campo sportivo. Da tempo è inutilizzato.
 

CENTRALINA DELLA FOUS

Volgendo lo sguardo verso la sponda sinistra del Cellina, alla fine del pendio occidentale del monte Jouf, si vede la piccola valle – delimitata a nord da una zona senza vegetazione e a sud da una lieve collina – con la forra Fous, ai piedi della quale si trova l'omonima centralina idroelettrica. Questa, attiva dai primi del Novecento, captava e sfruttava parte delle acque dal nuovo corso iniziale della roggia di Vivaro, che venivano convogliate in una annessa vasca di carico, da qui mandate alle turbine tramite tubatura metallica in pressione e infine reimmesse nell'alveo roggiale. La centralina, gestita dalla Società Pordenonese di elettricità e successivamente dalla Anonima Elettrica Trevigiana, smise la produzione nel 1956, quando la roggia di Vivaro, in questo primo tratto, venne dismessa.
Bibliografia:
L. Zin, Il Cellina, 2, Pordenone, Consorzio di Bonifica "Cellina-Meduna", 1997, pp. 22-23.
Sitografia:
https://www.progettodighe.it/forum/viewtopic.php?f=14&t=910&start=20


FORNACE PER CALCE DELLA FOUS

Sulla riva opposta, a ridosso del letto del Cellina, è possibile distinguere la silhouette della fornace da calce industriale di Maniagolibero. Costruita agli inizi degli anni ’60 da un imprenditore valcellinese, che lì trasferì la sua attività, produsse per un solo ventennio, sfruttando in modo diretto l'abbondante materia prima costituita dai ciottoli calcarei del torrente. La fornace è posta al margine di una vasta area sulla quale insistono fabbricati in avanzata rovina, già adibiti, con più passaggi di proprietà, a mulino (testimoniato nei documenti alla metà del Trecento), segheria (rilevata nella mappa del 1606 del perito pubblico Zuan Alvise degli Orefici) e officina metallurgica attiva fino al 1956, quando il primo tratto della roggia di Vivaro, che la alimentava, venne sottesa. In tempi recenti l'area è stata occupata da depositi di bio-fertilizzanti.
Bibliografia:

L. Zin, Il Cellina, 2, Pordenone, Consorzio di Bonifica "Cellina-Meduna", 1997.

 

REPELLENTE SPONDALE

Al termine della ripida strada che scende dall’abitato di Montereale Valcellina si incontra il repellente in cemento, una delle opere di sistemazione idraulica comprese nell'itinerario. Esso aveva il primario scopo di allontanare il flusso d’acqua da sponde in erosione o, come in questo specifico caso, da aree asservite. Lungo il percorso se ne trovano altri di pari dimensioni, tutti costruiti nei primi anni ’50 del Novecento.
In specifici punti dell’opera (di solito uno riparato) era inserita l’usuale formella littoria con i fasci. L’accanimento iconoclasta del dopoguerra li ha praticamente distrutti tutti. Ne sopravvive ancora uno, difficilmente individuabile fra la vegetazione, proprio su questo repellente.

 

CAMPI SPORTIVI

L’area prativa poco discosta dalla colonia è il risultato di un livellamento effettuato pochi anni dopo il secondo dopoguerra per dar casa ad un gruppo calcistico che di lì a poco si sarebbe costituito nell'odierna società ASD Montereale Valcellina Calcio. Inizialmente, gli spogliatoi si trovavano nei locali della vicina e dismessa colonia elioterapica. I dovuti ammodernamenti succedutesi negli anni (spogliatoi adiacenti, tribune, campo sfogo, ecc.) hanno permesso lo svolgersi di una appassionata attività agonistica trasferitasi solo pochi anni fa nel nuovo impianto polisportivo comunale. Merita un sopralluogo il vicino e appena concluso intervento di difesa spondale a scogliera imposto da una erosione che era quasi giunta a lambire l’angolo di sud-est.

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